A cura di Avv. Simone Grandi
Il mutuo fondiario rappresenta quasi un “unicum” nel panorama del fallimento e delle procedure esecutive.
Tale tipo di contratto assicura ai creditori delle tutele assolutamente peculiari e ben più pregnanti rispetto ai creditori “non fondiari”.
Infatti, l’espropriazione fondiaria deroga espressamente al principio del divieto di azioni esecutive sul patrimonio del fallito ex art. 51 L.f.
Come è noto, con la dichiarazione di fallimento, le procedure esecutive sui beni del fallito si interrompono.
Da questo momento, ogni iniziativa individuale di soddisfazione del credito resta preclusa e i creditori possono soltanto insinuarsi al passivo del fallimento per poter soddisfare il loro diritto di credito in concorso con gli altri creditori.
In tale contesto, l’art. 41. Co.2 del T.U.B consente al mutuante fondiario di proseguire l’azione esecutiva individuale sul bene oggetto di ipoteca fondiaria, anche in costanza di fallimento, derogando così al divieto di proseguire azioni individuali da parte dei creditori in sede fallimentare.
Pertanto, mentre le procedure esecutive intraprese dai vari creditori del debitore, si interrompano ex lege con la dichiarazione di fallimento (e proseguono, eventualmente, ad opera del Curatore, se ritenute utili), l’esecuzione fondiaria può iniziare o proseguire sui beni ipotecati a garanzia del credito fondiario in pendenza di fallimento.
E’ evidente quindi che le interferenze fra la procedura esecutiva e quella fallimentare possano creare delle difficoltà interpretative, così come eventuali conteziosi, fra il creditore fondiario procedente e la curatela fallimentare.
E’ consolidata la tesi secondo la quale il privilegio “concesso” al fondiario ex art. 41 T.U.B. abbia natura meramente processuale.
Se è vero che il creditore fondiario possa proseguire (o iniziare) l’azione esecutiva individuale, il relativo diritto credito dovrà in ogni caso essere accertato, nell’an e nel quantum, in via concorsuale.
Il finanziatore fondiario quindi potrà conseguire il ricavato della vendita in maniera sicuramente più celere rispetto alle tempistiche concorsuali, ma il relativo ammontare corrisponderà a quanto avrebbe comunque potuto ottenere in via fallimentare.
Si è detto, efficacemente, che parte creditrice non potrà recuperare “più di quanto non le sarebbe spettato nel concorso sul ricavato ottenuto da una vendita fallimentare”[1].
L’art. 42, 2° co. del T.U.B. non chiarisce in maniera esaustiva il funzionamento dell’interferenza dell’esecuzione rispetto alla procedura fallimentare:
Il testo prevede che:
“L’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha facoltà di intervenire nell’esecuzione. La somma ricavata dall’esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca, viene attribuita al fallimento.”
In tale contesto, la sentenza della Suprema Corte, n. 23482/2018, fornisce sicuramente delle indicazioni molti utili e precise agli operatori del settore.
1. Accertamento concorsuale del credito fondiario
Il creditore procedente ha l’onere di far accettare il proprio credito secondo le regole concorsuali, pertanto dovrà necessariamente proporre istanza di ammissione al passivo.
Secondo la Suprema Corte, l’ammissione al passivo costituisce quindi elemento costitutivo del diritto del mutuante fondiario ad ottenere poi la distribuzione del ricavato dalla vendita.
Qualora il fondiario non proponga detta istanza o non venga ammesso, non potrà concorrere alla distribuzione ed il ricavato verrà assegnato al fallimento.
Si ricorda che l’attribuzione del ricavato della vendita che si effettua in sede esecutiva, laddove sia in corso la procedura fallimentare, ha carattere meramente provvisorio, in quanto è in tale ultima sede che deve avvenire definitivamente l’accertamento e la graduazione dei crediti nei confronti del fallito.
Pertanto, secondo l’interpretazione della Corte atteso che l’accertamento e la graduazione dei crediti nei confronti del fallito devono essere operati in sede fallimentare, l’attribuzione al creditore fondiario operata in sede esecutiva non può che avere carattere provvisorio, dovendo comunque successivamente tenersi conto di tali ulteriori accertamenti (che ben potrebbero essere ancora in corso in sede fallimentare), ma non esprimono affatto il diverso principio per cui in sede esecutiva non potrebbe e non dovrebbe tenersi conto dei predetti accertamenti, ove già avvenuti in sede fallimentare.
Il Giudice dell’Esecuzione, quindi, non può prescindere ma deve adattarsi alla graduazione prevista dal riparto fallimentare.
2. Il riparto
La fase più delicata riguarda sicuramente l’interferenza fra le due procedura al momento del riparto dopo la vendita del bene.
Il curatore fallimentare, infatti, potrà e dovrà intervenire nell’esecuzione per far valere quei crediti che dovranno esser soddisfatti con preferenza sul creditore fondiario.
Il Curatore quindi dovrà dimostrare al Giudice dell’Esecuzione, in sede di distribuzione, l’esatto ammontare dei crediti che dovranno considerarsi di natura prededucibile ai sensi dell’art. 111 L.F.
A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, tali spese sono solitamente costituite da IMU, se dovuto, oneri condominiali connesse al cespite, spese legali per l’intervento della procedura nonché compensi di CTU.
Effettuata tale quantificazione, il Curatore dovrà chiedere al Giudice Delegato la graduazione di tali crediti producendo idonea documentazione.
Ottenuto il provvedimento del Giudice Delegato con cui viene specificato l’importo e la natura dei crediti poziori rispetto al fondiario, il Curatore dovrà produrre in sede esecutiva il detto provvedimento che dovrà quindi essere adeguatamente valutato dal Giudice dell’esecuzione in fase di riparto.
Preme evidenziare che la distribuzione così operata dal giudice dell’esecuzione avrà comunque carattere provvisorio e potrà “stabilizzarsi” solo all’esito degli accertamenti definitivi operati in sede fallimentare, legittimando in tal caso il curatore ad ottenere la restituzione delle somme eventualmente riscosse in precedenza.
3. Conclusioni
La sentenza in oggetto spicca sicuramente per senso di “praticità” e per le indicazioni utili e dirette fornite agli operatori del settore.
Resta tuttavia “viva” la questione relativa all’ipotesi in cui vengano liquidate, anche se in via provvisoria, al creditore fondiario somme maggiori rispetto a quanto previsto dal riparto fallimentare.
In tali circostanze, quindi, la procedura concorsuale dovrà recuperare detti importi dal creditore fondiario, con il rischio di dover finanche intraprendere contro di esso un’azione per la ripetizione dell’indebito, moltiplicando i contenziosi già in essere.
[1] Così S. Bonfatti, Manuale di diritto fallimentare, 2011, Padova.